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Primo Piano

Primo Piano (148)

Quisito:
Con quale maggioranza l’assemblea condominiale può deliberare di addebitare l’intero debito di un condomino, moroso da più anni, a tutti gli altri condomini in regola con i pagamenti.

-Tutti i condomini sono tenuti a contribuire alle spese comuni in base ai rispettivi millesimi, pertanto è nulla la delibera che esonera il condomino moroso dal parteciparvi rinunciando a recuperare il credito che il condominio vanta nei suoi confronti salvo che ciò venga deciso con il consenso unanime dei condomini, che pertanto dovranno tutti partecipare all’assemblea di persona o per delega.
Non è consentito all’assemblea condominiale, deliberando a maggioranza, di ripartire tra i condomini non morosi il debito delle quote condominiali di condomini morosi.
A tale proposito è intervenuta la Corte di cassazione, stabilendo che l’assenso alla modifica alla convenzione derogativa dei criteri dettati dalla legge o dal regolamento per ripartire gli oneri condominiali può essere modificato anche al di fuori dell’adunanza assembleare, purchè sia osservata la forma scritta richiesta per la convenzione stessa.
Ciò significa che colui che non ha potuto partecipare personalmente all’assemblea e sottoscrivere il relativo verbale contenente la delibera modificata al criterio di riparto, può successivamente esprimere il proprio consenso, portandolo a conoscenza degli altri condomini tramite (raccomandata a/r, oppure pec, posta elettronica o certificata).
L’unanimità è allo stesso modo, richiesta per la delibera istruttiva del fondo morosità, fatta eccezione per il caso di effettiva e dimostrabile urgenza derivante da eventuali azioni esecutive esercitate dai creditori in danno delle parti comuni dell’edificio o di singoli condomini solventi, perché allora può ritenersi legittima la relativa delibera assunta con il solo voto della maggioranza.
Il debito va ripartito tra i condomini solventi su base millesimale, essendo illegittimo prevedere che vi concorrano su base paritaria, versando tutti il medesimo importo.

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QUESITO
Se una persona è disoccupata e il marito è socio al 70% di una srl nella quale l’altro socio è il fratello, può essere assunta come dipendente nell’srl con busta paga e versamento dei contributi?

Per i lavoratori legati da vincoli di parentela con soci amministratori, secondo la circolare INPS 179/1989, il rapporto di lavoro, in via generale, può essere convalidato in quanto esso intercorre con la società e non con i singoli soci.
È necessario verificare il concreto assetto della società al fine di accertare se nel caso di specie sussistano condizioni per il riconoscimento di un vero e proprio lavoro subordinato. Anche tra coniugi operanti in società di capitali, come in questo caso, potrebbe succedere un rapporto di lavoro, ma è indispensabile il requisito della subordinazione, ossia l’effettivo rapporto di dipendenza e che sia dimostrata dai diretti interessati.
Rimane sempre necessaria una rigorosa prova degli elementi costitutivi e di svolgimento del rapporto di lavoro subordinato, basato, sul concreto ed effettivo assoggettamento del lavoratore al potere direttivo, gerarchico e disciplinare del proprio datore di lavoro.

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Per chiedere la cessione dell’obbligo del mantenimento nel caso di separazione e uno dei coniugi convive con altra persona ci si deve rivolgere al giudice, nel frattempo la quota mensile deve essere pagata.
Se tale motivazione sarà ritenuta valida, si potrà ottenere la modifica con decorrenza dal momento della domanda, in relazione ai principi che si stanno facendo strada nella giurisprudenza.
Si potrà eventualmente chiedere indietro quanto versato dopo avere iniziato l’azione di modifica secondo la legge.
Pertanto dalla lettura dell’art. 447 del CC, che si occupa degli alimenti e ne reclude la cedibilità e la compensazione, si sosteneva infatti la irripetibilità del contributo al mantenimento di un coniuge, una volta che questo fosse stato pagato.
La corte suprema ha stabilito che la revoca dell’assegno di mantenimento pagato da un coniuge separato all’altro può operare retroattivamente se, nella valutazione della situazione economica del coniuge beneficiario, è emerso che questo dispone di una stabile capacità lavorativa e reddituale, con conseguente condanna alla restituzione dalla data della domanda dell’ex coniuge.

 

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Ai fini dell’attestazione dell’avvenuta esecuzione di almeno il 30% dei lavori al 30 settembre 2022 (art.119,comma 8-bis del dl 2020) l’Agenzia delle entrate si è limitata a chiarire che, qualora il contribuente eserciti l’opzione per la cessione o lo sconto in fattura, ex art 121 del Dl 34/2020, in relazione ai sal (stati avanzamento lavori), “l’attestazione con cui il tecnico abilitato assevera il raggiungimento del 30% del Sal assorbe qualsiasi altro tipo di certificazione necessaria a dimostrare l’effettiva realizzazione dei lavori”
Al di fuori del Sal, invece, la norma non ha espressamente indicato documenti necessari ad attestare l’avvenuta esecuzione dei lavori per almeno il 30%. Pertanto in assenza di precise indicazioni normative di prassi ufficiale, il Consiglio superiore dei lavori pubblici ha affermato che il direttore dei lavori, per la certificazione del raggiungimento dei lavori effettuati nella percentuale del 30%,dall’intervento complessivo, al 30 settembre 2022, redigerà un’apposita dichiarazione, basata su idonea documentazione probatoria (a titolo esemplificativo : libretto delle misure, stato dell’avanzamento dei lavori , rilievo fotografico della consistenza dei lavori, copia di bolle e/o fatture)da tenere a disposizione di  una eventuale richiesta degli organi di controllo e che dovrà essere allegata alla documentazione finale.
La Commissione raccomanda la redazione di tale dichiarazione non appena acquisita la documentazione ed effettuate le verifiche necessarie.
Allo scopo di garantire la previsione normativa è opportuno che la dichiarazione stessa, con i relativi allegati venga trasmessa tempestivamente via pec o raccomandata al committente e all’impresa.

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Gli interventi di ristrutturazione edilizia, quelli rivolti a trasformare gli organismi edilizi mediante un insieme sistematico di opere che possono portare ad un organismo edilizio in tutto o in parte diverso dal precedente sono qualificati dall’art 3 del DPR 380/2001.
Tali interventi comprendono il ripristino o la sostituzione di alcuni elementi costitutivi dell’edificio, la modifica, l’eliminazione e l’inserimento di nuovi elementi e impianti.
Nell’ambito degli interventi di ristrutturazione edilizia sono compresi gli interventi di demolizione e ricostruzione di edifici esistenti con sagoma, caratteristiche planivolumetriche, per l’applicazione delle normative sull’accessibilità, per l’installazione di impianti tecnologici e per l’efficientamento energetico.
Considerato che la normativa IMU prevede di valorizzare l’area fabbricabile fino alla data di ultimazione dei lavori di ristrutturazione oppure fino alla data in cui, comunque, il fabbricato ristrutturato è utilizzato, si ritiene che se il soggetto passivo vi mantiene la residenza anagrafica e anche la dimora abituale, egli possa considerare il fabbricato come abitazione principale con conseguente esclusione dall’IMU.
Se invece il contribuente ha mantenuto formalmente la residenza anagrafica nell’immobile, ma di fatto non lo utilizza pertanto non ha la dimora abituale, dovrà versare l’IMU sulla base dell’area fabbricabile.  

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Nel caso di una società in cui il la Partita IVA e il Codice Fiscale coincidano, con la cancellazione dal Registro delle Imprese si verifica l’estinzione della società di persone, come la Sas, indipendentemente dall’eventuale sussistenza di rapporti giuridici (attivi o passivi, sostanziali o processuali) ci cui le stesse risultino fare parte.
Con la cancellazione della società ne consegue:

  • Cessa l’assistenza della società, come soggetto di diritto, con perdita di ogni legittimazione sostanziale e processuale.
  • I liquidatori (o i soci amministratori in caso di liquidazione non formale) perdono il potere della società estinta.
  • Cessa di esistere un patrimonio sociale distinto dal patrimonio personale dei soci, su cui i creditori sociali possono soddisfarsi e a cui possano essere imputate eventuali attività non liquidate;
  • I creditori sociali insoddisfatti nella liquidazione possono agire esclusivamente nei confronti dei soci e dei liquidatori (in caso di colpa di questi ultimi).

Tutti gli adempimenti impegneranno il liquidatore per quasi tutto l’anno successivo a quello in cui avviene la cessazione della Partita Iva, sarà obbligatorio trasmettere la dichiarazione Iva dell’intero anno precedente secondo la scadenza ordinaria e utilizzando il modello di dichiarazione dell’anno di invio.
Analogamente dovranno essere trasmesse le dichiarazioni dei redditi e la dichiarazione Irap che va dal primo giorno della messa in liquidazione al termine della stessa (se precedente al 31 dicembre) entro l’ultimo giorno del nono mese successivo a quello del termine del periodo fiscale. Infine, qualora la cancellazione non sia preceduta da una procedura di liquidazione, gli adempimenti ricorrono in capo ai soci.

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Per fare un cambio di fornitura elettrica in linea di massima non sussistono problemi in quanto gli stessi dati di lettura del contatore, registrati in occasione del cambio di fornitura, dovrebbero essere utilizzati sia dal vecchio che dal nuovo venditore.
Specie per quanto attiene al settore dell’energia elettrica questo passaggio è ulteriormente facilitato dalla presenza di contatori elettrici consultabili da remoto dagli stessi operatori. In pratica però non mandano i disguidi dovuti, per la maggior parte a problemi di comunicazione tra fornitori oppure a problemi di contabilità interna.
Fermo restando che è sempre bene controllare che l’ultima bolletta del vecchio fornitore riporti la dicitura di “bolletta di ultimo consumo”, nel caso in cui pervenga una doppia richiesta di pagamento.
Il reclamo andrà inoltrato al venditore con cui non si ha avuto alcun contratto di fornitura nel periodo di consumo oggetto della bolletta, ovvero al vecchio oppure al nuovo venditore, a seconda dei casi.
Fatte le opportune verifiche questo dovrà provvedere a verificare la propria bolletta restituendo gli importi eventualmente già incassati entro i successivi 20 giorni.

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L’assegnazione agevolata degli immobili, rappresenta un atto traslativo in forza del quale il socio riceve dei beni dalla società a fronte di una riduzione della propria quota.
Al fine delle imposte dirette e indirette, tale atto è paragonato ad una compravendita e comporta il cambio di titolo del bene trasferito.
Pertanto, il calcolo del periodo quinquennale oltre il quale la cessione dell’immobile non è produttiva di plusvalenza imponibile decorre dall’atto di assegnazione. Viceversa, la trasformazione della società in società semplice non rappresenta un atto traslativo, ma una modifica soggettiva del soggetto intestatario degli immobili, quindi la verifica del periodo di possesso ultra quinquennale non decorre dall’atto di trasformazione, ma dal momento in cui la società trasformata ha originariamente acquistato gli immobili.
Per questa ragione è spesso più conveniente la trasformazione in società semplice e la successiva cessione degli immobili, piuttosto che l’assegnazione al socio e la successiva cessione da parte di questi.

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Quando si acquista un’auto i termini di consegna per lo meno approssimativi dovrebbero essere indicati nel contratto, affinchè il loro superamento possa determinare un motivo di risoluzione dello stesso.
L’eventuale e ulteriore richiesta di risarcimento dei danni in questi casi è difficilmente configurabile.
Per procedere in tal senso, invece, sarebbe necessario, dare prova effettiva, e non solo ipotetica, del danno subito e comunque, il ritardo dovrebbe dipendere da un concreto inadempimento del venditore e non già da cause di forza maggiore.

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Il Tribunale Civile di Vicenza ha emesso una sentenza che di fatto cambia la vita ad un cittadino vicentino (M.R. le sue iniziali) che aveva accumulato oltre 160.000,00 euro di debiti con l’agenzia delle Entrate che gli aveva anche pignorato l’abitazione.
Applicando la legge sul sovraindebitamento e sulla liquidazione del patrimonio, l’Associazione Consumatori Azienda e famiglia Tutelata di Schio tramite i suoi legali è riuscita ad ottenere una esdebitazione di oltre 130.000,00 euro di debiti.
Il cittadino pagherà solamente 30.000,00 spalmati nel tempo in base alle sue capacità reddituali comprovate dall’ISEE.
Sono tornato a vivere assieme alla mia famiglia ha dichiarato il cittadino sapendo che non perderò la mia casa.