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Primo Piano

Primo Piano (148)

Una domanda che ci si può porre se si riceve una fattura e successivamente viene annullata con nota di credito; si devono registrare entrambe nel registro degli acquisti una in positivo e l’altra in negativo?
La risposta è che le fatture errate e le note di credito devono essere entrambe riportate nel registro degli acquisti, in modo che con la doppia registrazione si garantisce il passaggio sia tra i documenti che transitano dal sistema di interscambio e le registrazioni contabili.
Inoltre se si ricevono fatture per prestazioni di servizi che non si intendono pagare e il fornitore non vuole emettere nota di credito, si devono registrare comunque in quanto consentono di evitare decadenze nell’esercizio della detrazione IVA.

Cosa può succedere nei meandri di un conto corrente bancario? Una recente sentenza del Tribunale di Padova ha permesso ad un correntista di recuperare dalla propria banca 141.469,30 euro pagati ma non dovuti, nella gestione del conto. La vicenda riguarda un negozio di ferramenta di Dolo, nel Veneziano, peraltro in liquidazione, che nel 2019 si è rivolto al Tribunale di Padova chiedendo l'accertamento dell'illegittimità degli addebiti nei propri conti correnti aperti nella filiale di una banca nazione con filiale ne territorio.
La ricostruzione e l'analisi dei conti fatta fare dall'imprenditore ha riguardato la gestione del conto dal 1993 fino al 2013.
Nel corso di vent'anni di rapporto con la propria banca, il ferramenta ha sostenuto di aver individuato irregolarità nella gestione per la cifra "monstre" di 227.459,91 euro. In particolare, la società in liquidazione ha sostenuto di essere creditrice nei confronti della banca per 89.104,79 euro di interessi superiori alla soglia usuraria, 34.007,33 euro di commissione di massimo scoperto non dovuta, 52.057,49 euro di illegittima capitalizzazione di interessi debitori (anatocismo) e per 52.290,30 euro di interessi non pattuiti, per l'applicazione di condizioni peggiorative non comunicate dalla banca.
Il Tribunale ha così nominato un consulente tecnico d'ufficio (ctu) che ha ricostruito il conto, individuando il saldo alla chiusura del rapporto tra banca e correntista.
L'esito della verifica contabile eseguita dal ctu ha fatto emergere che il saldo finale non era di 618,97 euro a credito della banca, come risultava dal conto ma bensì pari a 141.469,30 euro a credito del correntista.
Il giudice monocratico della seconda sezione civile del Tribunale, Maria Antonia Maiolino, il 5 novembre scorso ha condannato quindi la banca a restituire alla società di ferramenta la somma di 141469,30 euro oltre a pagare spese legali quantificate in 14.103,00 euro e spese tecniche.
Il correntista risarcito per far valere le proprie ragioni, si era rivolto all'Associzione Azienda & Famiglia Tutelata" di Schio (VI) operante da più di dieci anni, che si avvale di un pool di avvocati. "Analizziamo i conti bancari e spesso li troviamo viziati da irregolarità ed errori. Aiutiamo così privati ed aziende a districarsi tra contratti, clausole, tassi, rate, rientri, leasing, derivati e sofferenze bancarie ed a capire il "banchese", la lingua delle banche" spiega l'Avv. Bressanello, presidente dell'Associazione.

In un edificio condominiale le spese di portierato sono a carico di tutti i condomini in misura proporzionale al valore della singola unità immobiliare, compresi i proprietari di magazzini e negozi con ingresso diretto dalla via.
A meno che non ci siano delle improbabili varianti nel regolamento di condominio di natura contrattuale, trattandosi di un servizio che assicura la custodia e la vigilanza all’interno del fabbricato.
Altra eccezione può essere il fatto che  il suddetto servizio non possa considerarsi valido nell’interesse di tutti i condomini.

Per quanto riguarda la ripartizione delle spese condominiali riferito alla pulizia delle scale va effettuata in base al criterio proporzionale dell’altezza dal suolo di ciascun piano cui esse servono.
In applicazione analogica dell’articolo 1124 del Codice civile che è espressione del principio generale posto dall’articolo 1123 del Codice civile, comma 2. Va considerato quindi il fatto che i proprietari dei piani alti logorano le scale in misura maggiore rispetto ai proprietari dei piani bassi e a parità di uso sporcano le scale in misura maggiore.
Pertanto devono contribuire in misura maggiore alle spese di pulizia.
Va quindi applicato il criterio di ripartizione: metà della spesa si ripartisce in base al valore delle singole unità immobiliari e l’altra metà, invece, in misura proporzionale all’altezza di ciascun piano dal suolo.

Buongiorno, tre anni fa è morta mia zia vedova senza figli che aveva due conti correnti in due banche diverse. Gli eredi sono due fratelli e un nipote figlio di una sorella precedentemente defunta. Uno dei due conti è stato parzialmente utilizzato per pagare le spese funerarie da parte di una nipote che aveva la procura sul conto. Entrambi i conti presentano ad oggi un saldo al di sotto dei 1.000 euro. Non essendoci dei beni immobili e mobili non è stata presentata la denuncia di successione e nessuno degli eredi ha formalmente accettato o rinunciato all’eredità. Ad oggi i conti correnti risultano ancora aperti e le banche ci hanno detto che in mancanza di una denuncia di successione non possono estinguere i conti. C’è un altro modo possibile per far chiudere i conti ed incassare le somme giacenti?
Grazie.

Risponde l'Avv. Bressanello

Per l’estinzione di un rapporto bancario di un defunto la banca richiede la denuncia di successione presentata all’Agenzia delle Entrate. L’obbligo di presentazione della denuncia non sussiste quando risultano eredi il coniuge e i parenti in linea retta in assenza di beni immobili o diritti reali immobiliari e quando l’attivo ereditario non supera i 100.000 euro.
Nel caso specifico gli eredi in linea retta dovranno presentare alla banca una certificazione firmata da tutti gli aventi diritto in cui attestano la qualità di eredi e la sussistenza delle condizioni previste dalla legge per l’esenzione dell’obbligo di presentazione della dichiarazione di successione. Una volta presentata la documentazione la banca provvederà ad estinguere il rapporto di conto corrente liquidando gli eredi in base alle rispettive quote.

Buongiorno, io e mio cugino abbiamo ricevuto in eredità da uno zio (celibe e senza figli), rispettivamente   fratello di mio padre e di sua madre (entrambi in vita), la quota di partecipazione del 30% in due distinte società Srl.  A mio cugino una società operante nel settore tessile e a me una operante nel settore delle macchine tessili. Dopo la chiusura della successione è risultato che lo zio vantava nei confronti di entrambe le società dei crediti personali di importo differente per finanziamenti infruttiferi che non erano stati ricompresi nel testamento né nell’asse ereditario. Chiedo pertanto, in mancanza di indicazioni precise nel testamento, come vengono attribuiti questi crediti? Vanno ripartiti in base all’assegnazione ereditaria delle rispettive quote di partecipazione nelle rispettive società finanziate o vanno attribuite a tutti gli eredi?
Grazie.

Risponde l'Avv. Bressanello

Trattandosi di finanziamento infruttifero e non finanziamento in conto capitale, le somme vengono versate dai soci, in base alla loro quota di partecipazione sociale, a titolo di mutuo a favore della società con l’obbligo della restituzione   da parte di quest’ultima entro dei termini stabiliti in sede di delibera assembleare.  La società risulta pertanto debitrice nei confronti del socio e l’estinzione del debito non potrà che avvenire mediante il pagamento verso quest’ultimo o verso i sui eredi.
L’attribuzione   delle quote in due distinte   società   sono state assegnate dal defunto a vantaggio di alcuni eredi piuttosto che ad altri e nel caso specifico impone delle riflessioni sulla base del principio espresso dalla Cassazione (n. 16049 del 29.07.2015) secondo il quale la cessione della quota sociale da parte del socio, ove non specificato, conserva la titolarità del credito “uti singulus”. In sostanza viene affermato che in mancanza di una indicazione specifica saranno tutti gli eredi a beneficiare del credito da finanziamento in proporzione alle attribuzioni ricevute.
Un’ulteriore sentenza della Cassazione (n.6132 del 30.03.2016) stabilisce che nonostante il finanziamento infruttifero risulti dai documenti contabili delle società partecipate, il rimborso dello stesso rappresenta un evento sopravvenuto dotato di autonoma rilevanza dichiarativa e impositiva e pertanto assoggettabile all’applicazione dell’imposta di successione in misura superiore.       

La Corte di Appello di Venezia ha assolto perché il fatto NON costituisce reato l’imprenditore Presa Corrado titolare dell’Officina meccanica "PRESA IMPORT & EXPORT" di Padova.
Era il 2016 quando la Guardia di Finanza a seguito di una complessa indagine denominata meccanica fantasma che ha visto coinvolti 18 soggetti arrivò all’imprenditore Presa, contestandogli un milione e cinquecento mila euro di fatture per operazioni inesistenti, chiedendo e ottenendo un sequestro cautelativo di oltre un milione di beni in capo a Presa e alla sua famiglia.
Successivamente nel 2020 il Tribunale di Padova condannò Presa a quel tempo difeso da un altro legale alla pena di 3 anni e 10 mesi con l’interdizione fino alla fine della pena e la confisca dei beni.
Nel processo di appello Presa si rivolse all’avvocato Luca Cobalchini, il quale depositò una corposa memoria e nella sua articolata arringa in punta di diritto avanti ai giudici veneziani contestò punto per punto la ricostruzione effettuata dalla Guardia di finanza e avvalorata dai Giudici Padovani.
Il legale contestando proprio la ricostruzione effettuata dalla Guardia di finanza in quanto priva di riscontri effettivi ha chiesto l’assoluzione e la revoca del sequestro cautelativo comminati in 1° grado
I giudici hanno creduto in pieno alla ricostruzione altamente tecnica  dell’avvocato Cobalchini e hanno assolto l’imprenditore.

Le vessazioni alla moglie sarebbero continuate da oltre 40 anni comprese le minacce di morte e le umiliazioni costanti. La moglie 77 anni che negli anni avrebbe chiamato i carabinieri numerose volte, senza però poi avere il coraggio di sporgere denuncia, questa volta si è decisa ed ha denunciato il marito avanti ai carabinieri di Malo. Negli ultimi tempi la moglie assistita dall’Avv. Luca Cobalchini stanca dei continui soprusi avrebbe deciso di sporgere una dettagliata denuncia querela con la quale ha spiegato nel dettaglio i maltrattamenti e le minacce subite negli anni.
Su delega della PM Cristina Carunchio i carabinieri di Malo hanno svolto le indagini sentendo anche numerosi testimoni e ritenendo plausibili le minacce hanno deciso di trasferirla in una località protetta. Da qui la Procura ha deciso di chiudere le indagini e chiedere il rinvio a giudizio. Il pensionato, assistito dell’Avv. Napolitano, ha negato ogni addebito mentre l’Avv. Luca Cobalchini in difesa della signora si è costituito parte civile. Il GUP ha deciso così di rinviare a giudizio Oreste Dal Lago 79 anni di Malo.
La prossima udienza a Febbraio 2023.

Dopo un articolato dibattimento, il Tribunale Collegiale di Verona ha assolto l’imprenditore De Pasquale Vittorio dal reato di emissioni di fatture inesistenti per non aver commesso il fatto. Secondo l’accusa, De Pasquale amministratore della "Ferrogi srl" aveva architettato una complessa frode carosello allo scopo di evadere le tasse e l’Iva, contestandogli una evasione di 860.000,00 Euro. Sempre secondo l’accusa il De Pasquale avvalendosi della ditta "Più ferro srls" aveva contabilizzato 1.800.000,00 euro di fatture inesistenti tanto che l’amministratore di quest’ultima Castagna Alberto aveva preferito patteggiare la pena ad 1 anno e 6 mesi, mentre il De Pasquale aveva scelto di andare a dibattimento in aula.

Nel corso dell’articolato processo il De Pasquale difeso dall’avvocato di fiducia Luca Cobalchini ha dimostrato che la fatturazione era reale e che comunque non era sufficientemente provata l’eventuale frode da parte dell’accusa. L’avvocato Luca Cobalchini ha contestato punto su punto la ricostruzione effettuata dalla Guardia di Finanzia riuscendo a convincere il collegio del Tribunale. La controversia maggiore è stata nel fatto che a giudizio del legale non costituisce prova di colpevolezza il fatto che la ditta "Più ferro srl" non aveva una sede propria e non aveva dipendenti assunti regolarmente.

Il legale è infatti è riuscito a dimostrare che questi fatti diventati poi punti di forza dell’accusa non potevano costituire prova di colpevolezza in quanto la ditta "Più ferro" avrebbe potuto avere dei dipendenti non in regola secondo la legge e comunque tali fatti sarebbero stati estranei all’imprenditore De Pasquale. L’accusa aveva chiesto la pena di anni 3 e mesi 2 e la confisca di tutti i beni sequestrati Il Collegio, dopo una lunga camera di consiglio, accogliendo in pieno la tesi dell’avvocato Luca Cobalchini, oltre ad assolvere da ogni accusa il De Pasquale ha disposto il dissequestro dei conti correnti, degli immobili e delle auto, rimettendole nuovamente nella disponibilità dell’imprenditore.

Sotto inchiesta la Ditta Arma Srl che opera nel settore meccanico. Sono 12 i rinvii a giudizio e 3 le condanne.  Così si è conclusa l’udienza preliminare davanti al Giudice Mantovani e al PM Blattner. Il processo con rito abbreviato, ha visto condannare a 3 anni e 4 mesi di reclusione Alexander Parenthaler di Thiene, difeso dall’Avv. Antonio Prade. Parenthaler è risultato il riferimento di parecchi titolari di Aziende intenzionati ad evadere il fisco con fatturazione falsa. Due anni tre mesi e 10 giorni invece per Marco dall’Alba di Velo d’Astico, difeso dall’Avv. Stefano Peron, che comunque ha avuto un ruolo minore nella vicenda. La confisca dei beni l’hanno subita entrambi (automobili, quote societarie, conti correnti etc). Il totale della frode a loro contestata è di circa 1,4 milioni di euro. Infine, 6 mesi di reclusione per Paolo Ceron di Cittadella, difeso dall’Avv. Fausto Taras.

Da Dicembre, davanti al Giudice Lunardon, dovranno difendersi Giorgio Scalco di Vicenza difeso dall’Avv. Marta Monticello, Gaetano Fontana di Thiene difeso dall’Avv. Mario Grassani, Carlo Dal Santo di Thiene difeso dall’Avv. Luca Cobalchini, Nicola Benetti di Arzignano difeso dagli Avv. Andrea e Ilaria Benedetti, Luisito Alessandro Walter Grendene difeso dall’Avv. Lucia Maron, Ermenegildo e Larry Bonato di Carrè difesi dagli Avv. Alessandro Dall’Igna e Roberto Sette), Pietro Torresan di Zanè, Italo e Dino Nicoli di Sandrigo, Barbara Bottecchia di Schio difesa dall’Avv. Nicola Guerra, Federico Arban di Trieste difeso dall’Avv. Daniele Fantini. Inizialmente erano 34 i titolari di piccole imprese che fruirono per qualche anno di questo sconto fiscale non dovuto.

 

Accusati di evasione fiscale, contestano decisamente i fatti così come ricostruiti dalla Procura. Molti hanno chiesto di patteggiare la pena, saldando il debito grazie ad un accordo con Agenzia delle Entrate. L’indagine della Guardia di Finanza è partita dalla Ditta Alma Srl con sede a Piovene Rocchette e amministrata da Alexander Parenthaler e Marco Dall’Alba che, per qualche anno, l’avrebbero utilizzata per fatturazioni false. Individuata incrociando diverse banche dati, poiché sospettata dal servizio informatico “Molecola”. Dopo il controllo di tutti i documenti, la Procura aveva chiesto e ottenuto la firma del Giudice per il sequestro dell’equivalente rispetto all’ammontare della frode) a carico di diverse aziende, che avrebbero azzerato l’imponibile grazie alle false fatture. I finanzieri avevano ipotizzato che, per depistare le indagini, le somme bonificate dalle ditte alla Società Alma Srl, venissero pagate su conti della Slovacchia (Multiservice & rent sro”), dove poi si prelevavano somme in contanti e restituite. I “riciclatori” avrebbero accompagnato in auto i titolari delle Aziende, che tornavano a casa con soldi puliti, anzi ripuliti. Fra le accuse infatti anche l’auto riciclaggio.