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In caso di tardiva registrazione di un contratto di locazione, si può procedere alla regolarizzazione anche con riferimento alla sola prima annualità.
Poiché secondo l’art. 69 del DPR 131/1986 la tardiva registrazione, se effettuata entro 30 giorni, è soggetta alla sanzione dal 60 al 120%, la base di commisurazione della sanzione ridotta è il 60%.
La sanzione ridotta è pari al 6% cioè a un decimo del minimo.
Invece la sanzione dello 0,1% per ciascun giorno di ritardo trova applicazione solo nelle ipotesi di omesso versamento dell’imposta dichiarata, che è diversa dalla tardiva registrazione.

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Dopo un licenziamento un lavoratore presenta la domanda per beneficiare della NASPI (Nuova Assicurazione Sociale per l’Impiego) che è stata accolta.
In seguito decide di avviare le pratiche per aprire una attività, una ditta individuale con iscrizione al Registro Imprese come ditta “attiva”. Entro il 30 giorni dall’avvio dell’attività ha chiesto l’anticipazione Naspi, ma la richiesta è stata respinta per mancata comunicazione del reddito presunto dopo l’apertura della Partita Iva.
È giusta la non concessione all’anticipazione NASPI?
Bisogna fare riferimento alla circolare INPS 174/2017, nella quale si precisa che il lavoratore che intende avvalersi della liquidazione della Naspi in un’unica soluzione deve presentare all’Inps, domanda di anticipazione in via telematica entro 30 gg dalla data di inizio dell’attività lavorativa autonoma o di impresa individuale o dalla presentazione della domanda Naspi, se la suddetta attività era preesistente.
Per inizio attività l’INPS intende la data di invio all’ufficio del Registro delle Imprese, della comunicazione unica per la nascita dell’impresa. Pertanto la domanda intesa ad ottenere l’incentivo all’autoimprenditorialità, deve essere presentata a pena di decadenza, entro 30 giorni dalla data di invio della comunicazione unica. Pur in presenza di un impegno dichiarato in domanda, da parte del disoccupato, a segnalare iscrizioni ad albi professionali e/o aperture di partite Iva successive alla presentazione della domanda, di prestazione di disoccupazione, sarà cura della struttura territoriale, dove viene effettuata l’apertura della partita Iva o l’iscrizione ad un albo professionale, verificare se l’attività sia effettivamente svolta. Se è così e l’interessato non ha provveduto a comunicare l’avvio con indicato il reddito presunto ci sarà la decadenza della presentazione.
Pertanto, anche se il reddito presunto fosse zero, non avendolo dichiarato, è corretto il respingimento da parte dell’INPS

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Attualmente la legge prevede queste norme.
Facciamo l’esempio di una persona che noleggia imbarcazioni, in regime forfettario e che nel 2019 acquista una barca a vela non pagando l’IVA, ex art. B-bis del Dpr 633/1972.
Volendo vendere tale imbarcazione ad una persona fisica, non soggetta ad IVA si chiede come dovrebbe essere la fattura.
In questo caso la cessione dell’imbarcazione è esclusa da IVA, in quanto è un’operazione posta in essere da un forfettario.
L’art. 1 comma 58, lettera a, della legge 190/2014, di Stabilità per il 2015, dispone che i contribuenti forfettari non esercitano la rivalsa dell’imposta per le cessioni di beni e le prestazioni di servizi territorialmente rilevanti.
Non rileva, ai fini del regime della cessione, la circostanza che l’IVA non sia stata addebitata al momento dell’acquisto.

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Si. Potrebbe ma non è facile integrare i presupposti di questo reato.
Il continuo abbaiare di un cane integra gli estremi di una fastidiosa immissione di rumore a cui la legge con l’art 844 cc, consente di porre rimedio nel momento in cui questo rumore supera i limiti di tolleranza.
Il ripetersi costante di un rumore può provocare un serio disagio alla psiche di ogni persona e provocare dei danni che sono risarcibili nella misura proporzionale alle prove fornite dal presunto danneggiato.
Sarà di competenza del giudice decidere, di assumere i provvedimenti più opportuni, potrebbe anche ordinare l’allontanamento dell’animale e il suo affidamento a specifici centri, oltre che condannare al risarcimento del danno colui che dovrebbe avere l’obbligo di cure e di sorveglianza dell’animale.
Sotto il profilo penale, l’art 659 del cp prevedo tra l’altro, che chi non impedisce rumori di animali e disturba le occupazioni e il riposo delle persone soggiungendo in tal caso alla pena, alternativamente, dall’arresto fono  a tre mesi o all’ammenda fino a 309 euro.

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La questione è alquanto complessa.
Se si abita in condominio è si è proprietari di più cani, nel caso ci siano continue lamentele di disturbo da parte dei condomini non risolte amichevolmente, questi possono ricorrere per via giudiziaria al giudice.
Il quale dopo avere effettuato gli opportuni controlli, può disporre il ripristino della quiete condominiale anche attraverso l’allontanamento degli animali molesti dall’edificio.
Il questo caso il Giudice condanna il padrone dei cani ad allontanare in via definitiva dall’immobile alcuni animali, da scegliersi a cura del loro proprietario, o in mancanza, secondo  le modalità stabilite  dal giudice stesso.

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Dal 1° gennaio 2023 il nuovo limite da tenere presente per applicare la contabilità semplificata, per soggetti esercenti attività diverse dalle prestazioni di servizio è pari a 800mila euro e € 500.000 mila per le prestazioni di servizio
I dichiaranti devono tenere inoltre presente che dal  1 gennaio 2023 potranno avvalersi della contabilità semplificata coloro che nell’anno precedente ossia nel 2022 non hanno superato le nuove soglie.
Inoltre quanti intraprendono l’attività nel 2023 potranno avvalersi del regime di contabilità semplificata fin dal primo anno, qualora ritengano di percepire ricavi per un ammontare, ragguagliato a un anno, non superiore ai nuovi limiti indicati.

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Per rispondere a questo quesito è bene considerare quello che stabilisce la legge in materia.
La normativa vigente dispone che il valore globale netto dell’asse ereditario è costituito dalla differenza tra il valore complessivo, alla data di apertura della successione, dei beni e diritti che compongono l’attivo ereditario… e l’ammontare complessivo delle passività deducibili. I debiti, anche relativi agli immobili, non rientrano nel passivo ereditario solo se (contratti per l’acquisto di beni o di diritti non compresi nell’attivo ereditario)
La regola è quella della generale deducibilità dei debiti del defunto.
Quindi, bollette delle utenze, spese per condominio ed imposte proprie del defunto, sono parte integrante delle deduzioni ammesse, previa dimostrazione documentale.

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Il caso è molto complesso e può avere varie sfumature che sarebbe meglio accertasse un tecnico (geometra-architetto)
In linea di massima, nel caso venga costruita una cancellata in violazione della normativa attuale in materia di distanza delle costruzioni dal ciglio stradale, sarebbero da demolire in quanto sarebbe applicabile l’articolo 31 del Dpr 380/2001, che sanziona con la demolizione le opere che siano state eseguite in assenza di permesso.
Tuttavia è sempre bene interessare un tecnico specializzato in materia per valutare eventuali sanatorie o ricorsi vari.

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La questione si può inquadrare così.
Nel caso che un coniuge fiscalmente incapiente ceda il proprio bonus relativo al 110 % (sorto su un immobile di sua proprietà) all’altro coniuge, che in seguito muore, le rate residue del credito, alla luce dell’esame della disciplina tributaria e civilistica, appare dubitabile il fatto che il credito acquisito dal cessionario poi defunto possa essere trasmesso agli eredi.
Infatti, il defunto non è titolare di una detrazione le cui quote residue si trasferiscano automaticamente agli eredi che siano nella detenzione materiale e diretta dell’abitazione oggetto dei lavori, ma è titolare di un credito di imposta acquisito a seguito della cessione a suo favore, da parte dell’altro coniuge che aveva sostenuto le spese agevolate, della relativa detrazione originariamente spettante.
Il credito di imposta, non è un credito fiscale da rimborso, per questo motivo non pare essere qualificabile come un credito trasferibile per successione agli eredi.
Infatti secondo l’art. 121, comma 3, del DL 34/2020, La quota di credito non utilizzata nell’anno non può essere riportata a nuovo negli anni successivi e non può essere chiesta a rimborso.

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Anche se molto dibattuta la questione è abbastanza semplice.
Trattandosi di un componente dell’impianto termico, si rende applicabile la detrazione del 50% per ristrutturazione edilizie, sempre che si tratti di un intervento eseguito su unità immobiliare residenziale posseduta o detenuta da persona fisica.
Ai fini urbanistici, nel caso in cui la normativa non prevede alcun titolo abilitativo per la realizzazione degli interventi, il contribuente deve comunque predisporre e conservare la dichiarazione sostitutiva dell’atto di notorietà nel quale siano indicate la data di inizio lavori e attestata la circostanza che gli interventi rientrano fra quelli agevolabili.
E’ obbligatoria, essendoci un risparmio energetico, la comunicazione all’Enea (Energia Nucleare Energie Alternative) della scheda descrittiva dell’intervento entro 90 giorni dalla data di fine lavori o di collaudo delle opere, relativa all’anno in cui essi sono terminati. La comunicazione avviene attraverso l’apposito sito web (https://detrazionifiscali.enea.it/)

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